Rapporto uomo e gatto…non è tutto semplice

Il rapporto che abbiamo noi micetti con la nostra mamma umana è fantastico
Il rapporto con il gatto è sempre stato dipinto dall’uomo con accenti magici e di meraviglia; gli stessi che se da una parte ne sancirono la fortuna in tutta Europa; quando i commercianti punici esportarono la moda egizia per la felinità come dimensione ontologica; dall’altra ne decretarono la proscrizione allorché nel fondo della superstizione medievale; il gatto fu tratteggiato come tentatore, seduttore lascivo e quindi luciferino, incarnato stesso del male.
Ma questa visione antropocentrica del gatto; fondata sulla malia dello sguardo di giada; sulla sinuosità del movimento; la crepuscolarità delle abitudini e la comunicazione ambigua, sulle straordinarie doti acrobatiche, perciò tutta focalizzata sull’estetica e inevitabilmente portata a reificare il gatto; a trasformarlo cioè in un oggetto da ammirare o da rifiutare, indiscutibilmente finisce col negare al piccolo felino una sua soggettività.
Bello ma traditore, sornione ma pronto a colpirti; seduttivo eppure in fondo anaffettivo, capace di mostrarsi indifeso e bisognoso di cure parentali e di converso maestro di ingratitudine; innumerevoli sono le antinomie suscitate gatto in un caleidoscopio di luoghi comuni che mostrano; dal difficoltà dell’uomo di dare un significato o anche solo una giustificazione al proprio interesse per il gatto.
Privo di un canone di utilizzo; quale può rinvenirsi nel cane si è convinti che anche quando non compie alcuna attività Fido serva a qualcosa mentre; Silvestro sia solo un opportunista; il gatto non può essere altro che un oggetto da possedere e da mostrare.
I compagni a due zampe del gatto; per evitare il brutto termine di proprietario o, peggio, di padrone; sono pronti però a sostenere che il loro piccolo amico sa comunque riaffermare la titolarità di individuo grazie a un carattere forte e risoluto; che certo non si lascia sottomettere o iscrivere forzosamente in facili catalogazioni. E in fondo hanno ragione.
Il gatto, a differenza del cane; manifesta verso l’uomo una convivenza emancipata come se volesse costantemente dirci: «Si, ti voglio bene, ma posso fare a meno di te».
Cosi, a dispetto del gran numero di manifestazioni d’ amore e di vera e propria dipendenza affettiva; che i gatti riservano ai loro amici umani, puntualmente passano per individualisti; quando non addirittura asociali, ed egoisti; si ritiene che la loro sia un’amicizia venale, che il vero interesse del micio sia per il tetto e per la ciotola.
Se con il cane è facile la deriva del controllo; vale a dire la pretesa di comandare il proprio quattro zampe come se fosse un soldatino che deve obbedire agli ordini; con il gatto si rischia quella del possesso. La sublimazione del gatto a dimensione del bello trascina con sé la negazione del gatto come alterità che va conosciuta e rispettata; paradossalmente il gatto, cifra di libertà e di emancipazione, viene privato di un qualsivoglia rapporto relazionale.
Pochi si rendono conto che; benché solista ossia porta a operare in modo individuale sul mondo; il felino ha socialità complessa e articolata e il suo rapporto con l’uomo presenta ambiti e sfumature molto sottili; che vanno conosciute per poter instaurare un amicizia profonda e autentica.
Per incontrare il gatto occorre possedere una base comune di informazioni; saper leggere le sue disposizioni valorizzando le sue peculiarità; perché saper interpretare un comportamento così alieno non è per nulla intuitivo.
Un esempio ci viene dalla percezione del mondo che nel micio ha delle ellissi difficili da seguire per noi umani; che approcciamo la realtà con la quasi esclusiva finestra del visuale. Se possiamo attribuire al cane il titolo di magister olfattivo, cosa possiamo dire del gatto? Siamo spiazzati perché il nostro piccolo amico non ha una vera e propria elettività sensoriale ma è un luminare di integrazione sensoriale.
Il gatto è sinestesico utilizza i sensi in modo incrociato perché; solo per fare degli esempi, sa vedere il mondo con il tatto ed è in grado di gustare con l’olfatto.
Possiede infatti dei peli specializzati e altamente sensibili; sparsi su tutto il mantello ma con una maggiore densità sul viso; capaci letteralmente di trasformare un referto tattile in una immagine visiva. Nel buio completo, grazie alle vibrisse, il gatto avverte gli ostacoli perché l’aria nei loro pressi disegna remolini e vortici rintracciabili in modo tattile.
Se solo tenessimo in considerazione questa alta sensibilità del mantello certo eviteremmo di accarezzare ossessivamente il nostro micio caricandolo in modo elettrostatico; se il gatto si stufa e ci graffia non e per la sua natura di traditore, è per la nostra ignoranza verso la sua natura.
Il gatto gusta attraverso l’olfatto; giacché in virtù dell’organo vomeronasale è in grado di monitorare per contatto diretto le molecole chimiche con una precisione stechiometrica. La sua smania di organizzare in modo preciso lo spazio che lo circonda; e la grammatica del suo rapporto abituale; lo porta ad apporre feromoni di marcatura su ogni cosa e naturalmente anche su di noi. Il gatto non è malizioso e seduttivo quando si struscia, ma semplicemente ci sta marcando.
Rapporto uomo e gatto…in conclusione
Le incomprensioni sono davvero tante; bisogna evitare la traduzione maccheronica del linguaggio e del comportamento del gatto; per facilitare l’incontro su corde empatiche e non su preconcette attribuzioni o banali antropomorfismi; non è corretto basare il proprio rapporto sul fraintendimento giacché a farne le spese è sempre il gatto.